Questa opinione è motivata da ciò: che i diletti della carne distruggono grandemente il pensiero e lo rendono meno atto ad applicarsi a quelle cose spirituali, alle quali sono consacrati quei giorni. Tuttavia, Benedetto XIV, nel Sinodo Diocesano, l. 5, c. I. n. 8, nota che questo, ora, non è che un consiglio, benchè un tempo la Chiesa l'avesse prescritto sotto gravi pene.
Tutti i teologi dicono, con S: Francesco di Sales, (Introd. alla Vita Devota, 2° part. cap. 20), che il conjuge il quale nel giorno in cui ricevette o deve ricevere la divina Eucaristia, rende il debito conjugale, richiesto, non pecca; e di più che è pure tenuto a renderlo, se l'altro conjuge non vuole ascoltar preghiere perchè desista.
Quì i teologi si domandano, se colui, il quale ebbe nel sonno una polluzione, possa ricevere la sacra Eucarestia. Essi sogliono rispondere con S. Gregorio Magno, il quale, nella lettera al divino Agostino, apostolo nella Gran Bretagna e riferita nel Decreto, p. I, dist. 6, c. 1, faceva questa distinzione: — Questa polluzione proviene o da sovrabbondanza naturale d'umori o da infermità, e in questi casi non è colpevole; o proviene da eccessi di gola, e allora è peccato veniale; ovvero da pensieri precedenti, e può essere peccato mortale. Nei primi casi, è uno scrupolo da non temersi; nel caso degli eccessi di gola, la polluzione non impedisce che si riceva il sacramento o si celibrino i Misteri, qualora a far ciò consigli un ragionevole motivo, per esempio, l'essere un giorno di festa o una domenica, nell'ultimo caso, — ci dice S. Gregorio — «una tale polluzione deve fare astenere in quel giorno dalla celebrazione d'ogni sacro mistero.
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