25, n. 3, e molti altri, reputano lecito il ricusare il debito coniugale, semprechè non vi abbia pericolo d'incontinenza; ma siccome il coniuge che nega in questo caso il debito non può mai con certezza sapere se il conjuge che lo domanda possa incorrere nel pericolo d'incontinenza, così il confessore deve raramente permettere che sotto questo pretesto si neghi il debito conjugale. Egli deve sempre esigere che l'astinenza avvenga per mutuo consenso; cionondimeno benchè si sia fatto il proponimento di conservarsi reciprocamente in una perfetta continenza, ciascuno degli sposi deve sempre essere disposto a rendere il debito conjugale all'altro che lo richiedesse.
VII. La donna che, consenziente il marito, prende, per una pattuita mercede, un fanciullo d'altri a nutrire, è scusata se non rende il debito conjugale durante l'allattamento, imperocchè se il latte di una donna incinta non nuoce ordinariamente alla propria prole che di esso si alimenta, non avviene cosí se la prole che succhia quel latte è prole d'altri. Perciò, chi affida il proprio bambino ad una balia, lo vedrà infermarsi, quando quella balia sia incinta.
§ III. Di coloro che peccano mortalmente, rendendo il debito coniugale.
I. Se il coniuge che domanda il debito pecca mortalmente, per esempio, chiedendolo in un luogo pubblico o sacro, o quado vi sia pericolo d'aborto o pericolo di nuocere alla propria o alla salute dell'altro, ovvero quando v'abbia evidente rischio di spandere il seme fuori della vagina della donna mentre potrebbe sfogarsi diversamente, è cosa certa che pecca pure mortalmente l'altro conjuge che gli rende il debito, imperocchè parteciperebbe alla stessa colpa ed assumerebbe lo stesso carattere peccaminoso.
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