E il marito che ad essa si accosta e s'introduce nella parte genitale di lei, non pecca già per ciò, ma pecca soltanto perchè si ritira innanzi tempo e spande fuori della vagina il suo seme. Dunque se la moglie non dà a quest'azione del marito il proprio consenso, essa non partecipa al peccato del marito. Così Sanchez, l. 9, disp. 17, n. 3, Pontius, l. 10, cap. 11, n. 3, Tamburinus. l. 7, cap. 3, § 5, n. 4. Sporer, p. 356. n. 490, Pontas al vocabolo «Dovere conjugale» cap. 55, S. Liguori, l. 6, n. 947.
Roncaglius e Ebel, citati da S. Liguori, l. 6, n. 947, permettono essi pure alla moglie di rendere il debito conjugale al marito che vuole tiarsi indietro innanzi tempo, purchè essa non dia il proprio assenso al peccato di lui: ma per scusarla d'ogni colpa essi esigono un grave motivo.
Questa opinione a noi sembra la sola ammissibile, imperocchè noi siamo fermamente persuasi che quì l'azione della donna non ha nulla in sè di cattivo; perciò crediamo che il giudizio, dato da Habert e dagli altri teologi che ed esso aderiscono, sia troppo severo, e non fondato. La moglie può dunque quand'abbia una sufficiente ragione, prestarsi passivamente al marito: ma la ragione scusante deve essere proporzionata alla malizia del peccato e all'effetto della cooperazione, imperocchè non si può mettere in dubbio che la moglie in questo caso cooperi direttamente al peccato del marito: per ciò la causa scusante vuolsi che sia grave. Così ora pensano in generale i confessori dotti e pii, e la stessa Sacra Penitenzieria, la quale interrogata con queste parole: — «Una pia moglie può ella permettere che suo marito le si accosti, dopo che ella sa per esperienza ch'egli segue la nefanda usanza di Onan.
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