......... specialmente se, rifiutandosi essa, si esponga al pericolo di sevizie, o tema che il marito vada a sfogarsi con prostitute?» rispose il 23 aprile 1822: «Siccome nel caso proposto la moglie, da parte sua, nulla farebbe che fosse contro natura, faccia pure questa cosa che è lecita; e tutto ciò che vi ha di disordinato in questo atto si imputi alla malizia dell'uomo, il quale, invece di consumare l'atto conjugale, si tira indietro e spande il seme fuori della vagina. Se la moglie, dopo aver fatto le debite ammonizioni al marito, che insiste minacciandole percosse, la morte, od altre gravi sevizie, essa nulla ottiene, può allora, senza peccare, (come insegnano provetti teologi) prestarsi passivamente al marito, imperocchè, in questo caso, essa non fa che semplicemente tollerare il peccato di suo marito, ed ha per sè gravi motivi di scusa, perchè la carità che pur l'obbliga ad opporsi al marito, non l'obbliga però ad opporglisi esponendosi a troppo gravi inconvenienti.»
Dunque resta stabilito che la moglie, date queste circostanze, non pecca prestandosi al marito, semprechè però possa essere scusata da gravi motivi. Ora, ecco i motivi che vengono considerati come gravi:
1. Se essa teme la morte, le percosse, o gravi sevizie. Ciò risulta manifesto dai responsi della Sacra Penitenzieria e dalla Ragione.
2. Se c'è luogo a temere che il marito conduca nella casa conjugale una concubina e viva maritalmente con essa, imperocchè una donna sensata sopporterà piuttosto le sevizie e le percosse che vedere nella propria casa una tresca così ingiuriosa per lei.
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Sacra Penitenzieria Ragione
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