7. Non è necessario che la moglie resista al marito fino al punto di provare le sevizie, le molestie e gli altri inconvenienti summentovati, imperocchè allora, anche rendendo o offrendo il debito conjugale, non riuscirebbe spesso a togliere il male già esistente: d'altronde essa non è obbligata a subire quelle molestie per impedire al marito di peccare. Basta dunque che il timore sia ragionevole.
8. Non è essa neppure obbligata di ammonire il marito ogni volta ch'esso le domanda il debito conjugale coll'intenzione di ritirarsi da lei prima del tempo, quando ella sappia per esperienza che nulla ottetrebbe, deve tuttavia, almeno qualche volta, far capire al marito ch'essa non è contenta del suo mal fare. Si guardi però bene dal non assentire internamente al peccato del marito o dal compiacersi segretamente in esso, sia pel desiderio di non aver figli, o di non aver le molestie della gravidanza, o per qualsivoglia altro motivo. Nel caso che l'atto fecondatore dipendesse unicamente da lei, dovrebbe essere disposta, piuttosto alla morte, che ad impedire la generazione. In tutti questi casi è permesso alla moglie tutto ciò che le sarebbe lecito, se il marito compisse regolarmente l'atto conjugale.
I suesposti principii sono generalmente accettati. Cionullameno v'hanno ancora molte incertezze che nello scorso anno così esponemmo al sommo Pontefice:
«Beatissimo Padre,
«Il vescovo di Mans, prostrato con somma reverenza ai piedi di Vostra Santità, vi espone umilmente ciò che segue:
«Quasi tutti i giovani sposi non vogliono aver prole numerosa, e d'altronde non possono moralmente astenersi dall'atto conjugale.
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Pontefice Padre Mans Vostra Santità
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