«1.° I conjugi, che usano del matrimonio in modo da impedire la fecondazione, commettono un atto per sè stesso mortalmente cattivo?
«2.° Benchè quest'atto sia da aversi per sè stesso mortalmente cattivo, possono gli sposi, che di esso non accusano sè stessi, ritenersi in una tale buona fede che li renda immuni da grave colpa?
«3.° È da approvarsi la condotta di quei confessori che per non offendere i conjugi, si astengono dall'interrogarli circa il modo col quale usano dei loro diritti conjugali?«
Risposta,
La sacra penitenzieria, ponderate naturalmente le proposte questioni, risponde alla 1.ª:
«Allorquando tutta la disordinatezza degli atti conjugali provenga dalla malizia dell'uomo, il quale, invece di consumare l'atto, si tira indietro e spande il suo seme fuori della vagina della moglie, questa può, dopo le debite ammonizioni invanamente fatte e qualora il marito insista minacciandola di percosse o di morte, può, senza peccare, — come insegnano autorovoli teologi — prestarsi passivamente all'atto conjugale, a patto però, che in questi casi essa non faccia che tollerare semplicemente il peccato del marito: essa ha quì un grave motivo che la scusa, imperocchè la carità, che pure l'obbliga a far resistenza, non l'obbliga cionompertanto fino ad esporsi a tanto gravi molestieAlla 2:ª poi e alla 3.ª questione risponde: Che il confessore si richiami alla mente l'adagio: le cose sante si devono trattare santamente; che ponderi bene le parole di S. Alfonso de' Liguori, uomo dotto ed espertissimo in tali cose, il quale così dice nella sua Pratica del Confessore §. 4, n.° 7: — «Relativamente a certi peccati dei conjugi riguardato al debito coniugale, il confessore non è ordinariamente obbligato di tenerne speciale parola, nè conviene farne interrogazioni: a meno che non si tratti della moglie; per chiederle; nel modo il più modesto possibile se ella abbia reso il debito coniugale.
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S. Alfonso Liguori Pratica Confessore
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