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II. L'esperienza insegna che molti conjugi non confessano i peccati commessi nell'uso del matrimonio, se non sono interrogati. Ora, il confessore li può interrogare circa quelle cose che fra conjugi si permettono: — Avete voi qualche cosa che vi morde la coscienza? — Se essi dicono di nulla avere e sembrano abbastanza istrutti e timorati, non è necessario lo insistere ulteriormente. Ma se essi sono rozzi o la loro sincerità appare dubbia, il confessore deve insistere: chiederà ad essi se hanno mai negato il debito coniugale: e se questa frase non fosse da essi compresa, potrà dir loro: Vi siete mai rifiutati all'atto che si fa per avere dei figli? — se rispondono d'aver rifiutato, bisogna informarsi del motivo, e dopo questa informazione si giudicherà se v'ha peccato o no; e se vi ha peccato, se sia mortale, o veniale.
III. Generalmente il confessore deve chiedere al penitense s'egli ha mai fatto cose disoneste contro la santità del matrimonio: Se il penitente confessa d'aver fatto qualche cosa, conviene far dire da lui in che consiste questa cosa, e così non s'incorre nel pericolo di insegnargli alcunchè ch'egli ignora; ma non si deve repentinamente nè con leggerezza incolparlo di peccato mortale.
Quanto abbiam fin qui detto su questo lubrico argomento, basta.
I parroci e i confessori devono proclamare la onestà e la santità dei doveri coniugali; e dicano spesso col B. Paolo: «Che ciascuno di voi sappia ch'egli possiede parti sensuali per scopo di santificazione e d'onore, non per sfogo di passioni, come usano le genti che non conoscono Dio.
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Paolo Dio
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