XVIII.
Eppure una delle obbiezioni che fanno allo spiritismo persone, che pure in altri capitoli si mostrano piene di senno, per es. il Maury nella sua storia della Magra, è precisamente questa: che è antichissimo. A me pare che questo sia un ragionare a rovescio; capirei ancora che si dubitasse della testimonianza delle intelligenze occulte, se il ritorno dei morti fosse una cosa di cui non si fosse mai parlato; ma non capisco che questa asserzione debba esser falsa proprio perchè è molto vecchia. Viceversa io credo che si debba ragionare così:
1º La storia, o, se così si vuole, la tradizione, è piena di apparizioni spontanee di morti, e di evocazioni dei morti. Non parlo dell'Egitto e del suo libro dei morti; non dell'India, che crede più all'altro mondo che a questo; non della Persia, da cui le evocazioni dei morti sarebbero state importate secondo Varrone (in August. Civ. D. VII, 35); non della necromanzia dei Babilonesi(37).
Ma si sa che l'evocazione dei morti era praticata dagli antichi Ebrei, poichè il Deuteronomio la vieta (18, 10), e Saul ha consultato l'ombra di Samuele evocata dalla maga d'Endor (Giuseppe, Ant. Giud. VI, 14, 2). In Grecia credevano alle apparizioni dei morti non solo il volgo, ma i filosofi, specialmente i platonici, e prima i pitagorici: questi dicevano perfino di meravigliarsi che alcuno dicesse di non aver mai visto un demone (Apul. de Soc., c, 20, allegando Aristotele); perfino Democrito diceva che agli uomini si presentano dei fantasmi visibili e udibili (eìdola teoroùmena kaì fonàs àfienta, Sesto contro i Mat.
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