La chiaroveggenza è più facile nel sonnambulismo provocato, che molti fisiologi giudicano precisamente una paralisi, almeno parziale, del sistema nervoso; è più facile in punto di morte, quando l'energia cerebrale è quasi esaurita. Quando il nervo pneumogastrico non riceve più dal cervello l'energia necessaria a far muovere il cuore, non è probabile che la chiaroveggenza sia dovuta ad una maggior energia dei centri ottici. Sicchè, secondo il principio delle variazioni concomitanti, bisognerebbe dire che quando il cervello sarà morto ci si vedrà meglio; bisognerebbe dire col du Prel che i sensi del sonnambulo sono un barlume di quelli che avremo dopo morte. Quando il sonnambulo si sveglia, non si ricorda più di nulla; quando invece è in sonnambulismo, si ricorda e del suo sonnambulismo passato e della sua veglia; sicchè la verità sembra piuttosto questa: che quello che chiamiamo sonnambulo è sveglio, e chi si crede sveglio sta invece sognando; se nascendo non ci ricordiamo più del nostro passato, egli è che facciamo come il sonnambulo che crede svegliarsi; ma la vera veglia sarà dopo morte, quando ci ricorderemo della vita e della morte. Queste due ragioni in favore della spiritualità e dell'immortalità dell'anima non mi sembrano punto decisive, ma certo non sono senza valore.
XXII.
Ora riprendiamo il filo del nostro ragionamento. Eravamo arrivati a questo punto: l'intelligenza occulta, interrogata, risponde di essere l'intelligenza di un defunto. Si tratta di verificarlo. Con un medio ordinario, sia tiptologico (cioè che fa muovere il tavolino col solo contatto), o scrivente (cioè che ci assicura di scrivere senza volerlo), il fenomeno fisico è troppo dubbio, monotono ed insignificante, perchè ci permetta di giudicare della natura dell'intelligenza occulta da quello che fa.
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Prel
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