Queste ed altre simili ipotesi posso farle per uno spirito; ma non posso farle per un medio che so molto più ignorante di me.
E se non posso farle per il medio, tanto meno posso farle per l'incosciente del medio, che dev'essere molto più ignorante di lui. All'incosciente, ossia ad un'intelligenza di cui il medio non ha coscienza, e che per giunta non ha coscienza di sè (altrimenti nel medio vi sarebbero due coscienze), io potrò attribuire alcune delle cose più facili che ho imparato a fare coscientemente, come rimuovere una sedia, parlare in sogno, scrivere una frase; ma non posso supporre che sia capace di fare dei fiori freschi; che faccia delle cose che richiedono, a farle apposta, una scienza, che tutte le nostre università riunite non posseggono, la cognizione di una matematica, fisica, chimica e biologia trascendentale.
So bene che l'Hartmann, di cui ho letto ed ammirato anch'io la Filosofia dell'Incosciente, sostiene invece che l'incosciente è sapientissimo. Ora io non voglio entrare nella metafisica; ammetterò che, se per far delle rose bisogna essere sapienti, anche un rosaio, sebbene incosciente, sarà sapientissimo. Ma non per questo ammetterò che può far delle rose anche l'incosciente del medio, o che il rosaio può farle bene come gli spiriti. Infatti il rosaio, appunto perchè, sapiente o no, è un vero incosciente, differisce dall'intelligenza occulta per due piccoli caratteri: il primo è che non fa rose quando ne domandate, ma soltanto quando vuol lui; il secondo è che fa soltanto delle rose, e sarebbe inutile che vi metteste in ginocchio e lo pregaste, cantando in coro, di farvi un tulipano.
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Hartmann Filosofia Incosciente
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