L'interrogante e lo spirito sono come due prigionieri che vogliono comunicare traverso un uscio, e di cui uno è sordo e l'altro è cieco. Questo potrebbe spiegare l'oscurità e l'incoerenza di molte comunicazioni.
Terzo, noi non possiamo nemmeno dire che sia impossibile ciò che le intelligenze occulte asseriscono, ossia che gli spiriti si trovano in condizioni di vita molto diverse fra loro, a seconda delle attitudini e dei meriti acquistati nella vita passata, e del tempo dacchè sono morti; che gli uni sono ancora in quello che chiamano periodo di turbamento; altri conducono una vita erratica; altri sono occupati; altri lontani; altri condannati all'immobilità; altri all'oscurità; altri sono rinati; alcuni bassi, più materiali, e capaci solo di effetti fisici, altri adatti soltanto a darci di quelli che Monsù Travet chiama lumi superiori. È certo che con gente simile non si potrà sempre comunicare, nè sempre allo stesso modo. Tutte queste possono esser frottole belle e buone; ma possono non esserlo. Io le trovo ad ogni modo assai meno strane che gli apporti dei fiori fatti dall'incosciente del medio. Se un'altro mondo esiste, (e questo è il punto in questione), io non vedo perché non sarebbe così.
Finalmente, c'è un'altra cosa non incredibile; ed è che a certe comunicazioni ci siano degli ostacoli morali, che certe cose sian loro vietate, o da Dio, o da una migliore cognizione del nostro bene, o da altro. Si capisce perciò che uno spirito mi abbia risposto: Mio caro, le colpe degli altri io non le voglio dire.
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Monsù Travet Dio Mio
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