Le quali parole udite dai circostanti e riferite a Iacopo d'Angiolo, letterato di qualche fama, già emulo di Leonardo nell'Università fiorentina, mossero costui a competere di quell'ufficio con Leonardo: usò quindi ogni industria e mise innanzi tutti i suoi aderenti e fautori perchè il papa non glielo concedesse. Al Bruni, più che il vedersi conteso quell'impiego, recavan somma molestia le comparazioni odiose che Iacopo andava facendo pubblicamente. Il papa non volendo accogliere nè rigettare Leonardo, stava incerto e irresoluto; e la sua incertezza era accresciuta dalle suggestioni, dagli occulti maneggi e dal rumore degli avversari di Leonardo. Poggio Bracciolini divise allora con l'amico le incertezze penose, le ansietà e i timori. In questo mezzo, Innocenzo per togliersi d'impaccio commise la risposta di certe lettere che a que' dì aveva ricevute dal duca di Berry ai due competitori, e riportò il Bruni per comune consentimento la vittoria, che tornò, a lui giovanissimo, tanto più onorevole, atteso la fama e le qualità dell'avversario. D'indi innanzi più stretta ed intima divenne l'amicizia tra Poggio e Leonardo, amicizia che durò inalterata finchè morte non li divise. A conciliare a Leonardo la stima e la benevolenza della corte e del pontefice molto avea contribuito la lettera di Coluccio Salutati, la quale, letta alla presenza dei più insigni uomini e dei cardinali, attirò sopra di lui gli sguardi di tutti. "E tutti mi guardavano," scrive egli a Coluccio, "quasi vedessero te, e godevano della nostra familiarità ed amicizia, e non potevano non istimarmi mentre mi sentivano lodato da te.
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