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      Allora Ladislao, per opera dei Colonna e dei Savelli, entrò in Roma, donde co' suoi fu indi a poco cacciato dal popolo, che quelli gridò traditori della patria. I Romani, inclinati alla pace, mandarono nuovamente ambasciadori al pontefice, e dopo lunghe negoziazioni lo indussero a ritornare in Roma (13 marzo 1406). Ma breve e più apparente che reale fu la quiete; imperocchè nuovi sospetti aggiuntisi agli antichi, e le arti usate da Ladislao ad eccitare tumulti fecero nuovamente prendere al popolo le armi. Innocenzo mandò allora per soccorso a Rimini e Cesena Leonardo, il quale adempì la commissione con tanta soddisfazione del papa, che al suo ritorno gli offrì un vescovado, ch'egli ricusò, e d'altri titoli onorollo. In questo mezzo (6 novembre 1406), venne a morte Innocenzo, e nuovamente agitaronsi i cardinali per l'elezione del successore. Bella opportunità offrivasi allora di terminare lo scisma, di ricondurre la Chiesa alla primiera unità, e di cessare una volta la lunga sequenza di traviamenti, di errori e di scandali, che alla Chiesa e alle credenze manifesto danno arrecavano. Erano le credenze oggimai scosse profondamente, e la riverenza a cui furono già segno i primarii del clero, si era volta in odio e disprezzo. L'ambizione, la venalità e i corrotti costumi signoreggiavano largamente la classe più elevata del sacerdozio. Papi e antipapi la suprema potestà si contendevano, e a vicenda si scomunicavano. Postergata la dignità del grado, ogni sorta di offese e di vergognose ingiurie ricambiavansi.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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