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      In altre lettere poi non lascia di dichiarare apertamente, che ben lunge dal lodare e approvare la condotta del pontefice, altamente la disapprovava13; e protestava nel tempo stesso, che dove non gli fosse possibile di serbare la sua onestà e l'integrità della sua coscienza, immantinente dalla corte si partirebbe14. Indi a poco pentitosi di quella sua risoluzione, avrebbe voluto non vivere più in mezzo a quella tempesta, tra quegli abbietti e vilissimi cortigiani, e sospirava la solitudine, dove avrebbe, non foss'altro, trovato quiete e conforto negli studi15. Pare anche che il suo contegno eccitasse qualche sospetto ne' cortigiani, cui non erano forse del tutto ascosi i suoi più veri pensieri e sentimenti. I quali essendo quelli ch'egli espresse nelle lettere agli amici, non si vede come potesse dimorare più a lungo nella corte, e presumesse di potere starsi indifferente tra quelle divisioni e passioni. Dal non avere saputo prendere in tempo una ferma risoluzione, gli venne biasimo dai savi; mentre d'altra parte i suoi procedimenti il resero odioso alla corte, che lo avrebbe desiderato cieco strumento a' suoi voleri. Spiacque ai cortigiani col non mostrarsi riverente e devoto com'essi avrebbero desiderato, coll'opporsi vivamente e fermamente alle volontà loro, e col non voler fare se non quello che era compatibile con la giustizia. Coloro poi che avevano abbandonata la corte e disertata la causa del pontefice, gravemente il riprendevano che in corte tuttavia dimorasse; laonde, scriveva egli medesimo: Agli uni dispiaccio perchè non li ossequio, agli altri perchè non li seguo16. Egli si trovò per tal modo battuto da tutte parti, come sempre avviene a coloro che vorrebbero star bene con tutti, e non capiscono che il tenere due vie opposte nel tempo stesso, oltre che non è onorevole nè onesto, può essere pericoloso.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852