A Gregorio non rimase altro sostegno che il Malatesta, Ladislao di Napoli e Roberto di Baviera; a Benedetto, la sola Spagna. Leonardo, confermato da Alessandro nell'ufficio che avea lodevolmente tenuto sotto Innocenzo e Gregorio, accompagnò il papa a Pistoja, indi a Bologna, dove il trassero gli astuti consigli di Baldassarre Cossa, non ostante che i Fiorentini con calde e reiterate istanze lo sollecitassero a prolungare la sua dimora in Pistoia, volendo essi impedire che egli cadesse in potestà dell'ambizioso legato. A Bologna morì nel maggio del 1410, dopo breve malattia. Vogliono parecchi scrittori contemporanei che la sua morte procurata fosse dal Cossa; il che è reso credibile dalla nota perfidia di costui e dalla smisurata ambizione, che lo portava ad aspirare alla suprema dignità della Chiesa; dignità a cui pervenne di subito per una elezione che si disse non libera. Affermano gli storici più reputati, che principali strumenti della sua esaltazione furono il danaro e la potenza.
Mentre Leonardo anche sotto il nuovo papa continuava nell'ufficio di segretario apostolico, fu per unanime voto del popolo fiorentino eletto cancelliere della repubblica. Il nuovo ufficio tenne per breve tempo, avvengachè gli paresse che l'utile ch'esso offriva fosse poco proporzionato alla fatica e alle difficoltà che portava seco. Lo rinunziò, e in sul finire del 1411 rientrò al servizio di Giovanni XXIII. Poco di poi andato ad Arezzo e lasciati gli abiti clericali, prese in moglie una giovine di cospicua famiglia fiorentina, dalla quale ebbe un sol figliuolo, per nome Donato.
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