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      Fu ricevuto come in trionfo, concorrendo il popolo in folla ad onorare e festeggiare l'eroe a cui aveva sempre arriso la fortuna delle battaglie. La prossimità di Braccio e del papa porse occasione a paragoni che a questi riuscirono assai molesti! Spiaceva nell'uno il contegno burbero ed austero, il vederlo non sollecito d'altro che del suo esclusivo interesse: ammiravansi dell'altro l'affabilità, la cortesia, la franchezza dei modi e la singolare amorevolezza con cui trattava non pur con gli uguali ma eziandio cogl'infimi28. Il popolo preferiva manifestamente il guerriero al prete. I tornei e le feste militari che Braccio celebrava co' suoi alle porte della città, a cui traeva gran gente, accrebbero verso di lui le simpatie e l'affetto del popolo, che in que' spettacoli sommamente dilettavasi. Le lodi del prode erano nelle bocche di tutti: governo, popolo, dotti, letterati e poeti facevano a gara nel celebrarne le virtù e il valore. Al papa nessuno badò in sul primo; ma poi alcuni presero a morderlo con pungenti versi che l'uno all'altro ripeteva sommessamente; da ultimo i fanciulli si diedero a correre le vie della città fermandosi fin sotto le finestre del papa cantando allegri e spensierati:
     
      Papa Martino - non vale un quattrino;
      Braccio valente - che vince ogni gente.
     
      Del che tutti facevano le maggiori risa. Il papa, uomo avveduto ed accorto, persuaso che i piccoli ripetevano quello che era loro stato insegnato dai grandi, ne prese fierissimo sdegno. Leonardo, ito a placarlo, non riuscì a moderare l'ira sua, chè non voleva intendere ragione, e mentre gli favellava, andava a gran passi da un capo all'altro della sala ripetendo fra sè: "Dunque papa Martino non vale un quattrino?


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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