Ciò bastò perchè d'un tratto si rompessero tra di loro i vincoli di una lunga, antica e più che fraterna amicizia. Prese d'indi innanzi il Niccoli a lacerare pubblicamente la fama dell'amico, che rispose all'insulto coll'insulto. Si scambiarono alcune scritture, che per l'onore di entrambi bene è se ne perdesse la memoria. Doloroso spettacolo fu il vedere due uomini per istudi e per ingegno stimabilissimi, vissuti per tanto tempo nella maggiore dimestichezza, vilipendersi pubblicamente senza alcun rispetto di loro medesimi e del loro carattere. Tutti gli amici ebbero da quel dissidio l'animo contristato; ma a niuno più n'increbbe che a Poggio, il quale portava ad entrambi sino dalla prima giovinezza uno svisceratissimo affetto. A mitigare in sul primo le loro ire non valsero le sue più calde preghiere. Ma non per questo cadde interamente della speranza di riuscire nell'impresa: onde dopo breve tempo tornò di nuovo all'opera, e tentò ogni mezzo per ricondurre quegli animi esacerbati all'antico affetto, benchè a ciò si fosse di già infruttuosamente adoperato Ambrogio Traversari. Aveva Leonardo scritto al Bracciolini, mentre era in Inghilterra, ragguagliandolo della cagione della contesa; ma come seppe che la lettera non gli era pervenuta, supplì col mandargliene copia dopo il suo ritorno a Roma, dove poco appresso recavasi Leonardo ambasciadore della repubblica al papa. Colse avidamente Poggio questa occasione per ricondurre gli animi alla pace e alla concordia, giovandosi anche dell'assistenza di Francesco Barbaro a que' dì ambasciadore straordinario della repubblica di Venezia presso il papa, pel quale Leonardo aveva sempre nutrita altissima e sincera stima.
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