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      Fu tenuto in concetto del più sapiente e dotto del suo tempo, e il suo nome correva riverito e famoso non solo in Italia ma anche fuori. Compose un grandissimo numero di opere di ogni genere, come può vedersi dal catalogo che ne diede il Mehus42. Niuno in quell'età scrisse per avventura quanto Leonardo, le cui opere erano con tale premura lette e cercate, che moltissimi attendevano in Firenze a trascriverle e moltiplicarne le copie; cosicchè, al dire di Vespasiano, egli non andava in luogo che non trovasse che delle opere sua si scrivesse43. Il cardinal Mai, editore delle Vite dello scrittore fiorentino, nota a questo proposito, come nel visitare le biblioteche d'Italia, gli accadesse di osservare che in esse abbondano le opere di Leonardo, non meno, quasi, che quelle de' maggiori classici. Di Francia, di Spagna e da altre parti ancora, mossi dalla fama della sua singolare virtù e del suo sapere, molti traevano in Firenze solamente per vederlo e conoscerlo. Nei luoghi della città dove egli soleva andare, era sempre alcuno ad aspettarlo, contento di vederlo almeno una volta. Narrasi di uno Spagnuolo, che venuto a visitarlo per ordine del suo re, come tosto giunse al suo cospetto, gli si gittò ginocchioni a' piedi, e fu una gran fatica a farlo rizzare. Dal quale atto però, più che la riverenza all'ingegno e alla virtù di Leonardo, si rivela l'anima del cortigiano. Fu l'Aretino molto amato e stimato dai principi e dai papi, dai quali per desiderio di averlo nelle loro corti gli furono fatte in ogni tempo larghe e splendide offerte, ch'ei ricusò. Alfonso d'Aragona ebbe per esso grande e particolare affetto, tanto che lo richiese più volte di andare alla sua corte colle condizioni che gli paressero44.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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