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      la nobiltà e grandezza del suo animo. Mentre era cancelliere della repubblica prese parte ad una discussione filosofica, in cui entrava anche Giannozzo Manetti. Questi, giovanissimo e fresco in su gli studi, ad ogni cosa rispondeva e di tutto dava giudizio con gran sicurezza e con giovanile baldanza. Di ciò il riprese Leonardo, e benchè il facesse un po' troppo severamente, ciò non pertanto questi prese tosto scusa con lui, e gli diresse parole piene di dolcezza e di riverenza. La singolare umanità del giovane fece accorto il buon Leonardo del suo trascorso, e parvegli di averlo offeso. Come si fu partito e recato alle sue case, ripensando all'accaduto, ne prese tanto dispiacere, che tutta la sera e la notte stette di mala voglia. Alzatesi la mattina di buon'ora, andò a casa di Giannozzo, il quale venuto all'uscio, forte si maravigliò di vedere Leonardo, che non soleva andare a casa di verun cittadino. Questi allora lo pregò che togliesse il mantello e andasse con lui, che gli volea parlare. Avviatisi Lungo l'Arno, Leonardo così prese a dire: "Jersera io ti feci ingiuria, della quale ho portata la meritata pena, avvegnachè da poi che ti ebbi lasciato non ho potuto aver pace, e sento che non l'avrò se non domandoti scusa e perdono come io faccio." Egli è facile immaginare quale impressione facessero sull'animo del buono e sensibile giovane queste parole, e come si sentisse commosso al vedere il venerando vecchio, ch'egli risguardava con particolare amore e riverenza, e teneva in conto di maestro, discendere dalla sua altezza per riparare un torto così piccolo, e che in cuor suo gli avea di già perdonato.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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