E la sconcia e innaturale divisione crebbe a misura che maggiori divennero la frivolezza del costume, la nullità dell'educazione, la servitù del pensiero e della patria. Dall'educarsi in una lingua diversa da quella de' padri suoi e dal procacciarsi la conoscenza di leggi e di società aliene dalle leggi e dalla società propria, la nuova generazione venne su con sentimenti che non erano quelli del suo tempo nè della società in cui ell'era destinata a vivere. Da tale discordanza e disarmonia tristi effetti derivarono. Per amore di Atene e di Roma dimenticarono i nuovi sapienti la patria loro; sprofondati negli antichi scrittori, intenti a dissotterrare codici e manoscritti, lasciarono perire miseramente la libertà, la quale, mentr'ei si contentavano di ammirare nei libri, pochi più astuti ed ambiziosi si apparecchiavano a spegnere interamente. Non più vidersi gl'ingegni prender parte o darsi pensiero della cosa pubblica, correre dal gabinetto alla piazza, sovvenire di consigli la patria, e utilmente e fortemente in suo pro adoperarsi: imperocchè la più parte cercò rifugio nelle corti, dove o poltrì nell'ozio o consumò il tempo in isterili studi. Benchè taluni continuassero nelle repubbliche ad occupare le prime cariche e i primi offici, non vi goderono però credito proporzionato ai loro studi e alla loro dottrina; avvegnacchè ignari o incuranti delle cose di stato, non sapessero reggere sapientemente la repubblica nè migliorarne opportunamente le istituzioni. La lettura e lo assiduo studio degli antichi non valse che a destare in loro una sterile ammirazione, non già il pensiero d'imitarli civilmente.
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Atene Roma
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