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      Tutta questa numerosa schiera di eruditi e filologi trovò nei principi larghissima protezione, ebbe da loro ogni sorta di onoranze e di benefizi, venne accolta nelle corti e quivi largamente pasciuta. Ed è ragione che dalla protezione de' principi ricevessero alimento siffatti studi, e che nelle corti trovassero ozi e fortuna i loro cultori. L'averli vicini e il costringerli a riconoscere da essi la loro fortuna, era ragione per non temerli, dominarli sempre e averli obbedienti ad ogni cenno. E ben si apposero, imperciocchè i più timidi non osarono profferire parola nel loro cospetto, mentre dei pochi più coraggiosi seppero prontamente e vigorosamente rintuzzare l'ardimento. Nè da quell'attività del pensiero, rivolto quasi esclusivamente ad una scienza che conduceva alla dimenticanza di più gravi pensieri, avevano i principi da temere, ma per contro assai da sperare. Perciò come si avvidero ch'egli era dell'utile loro il favorirla, a ciò attesero con finissimo accorgimento, bene avvisando che dove le menti fossero rivolte a quegli studi, occupate in quelle cure, non baderebbero gran fatto alla cose che furono già tanto care ai loro maggiori, delle quali però era in essi scemato l'affetto e la stima; voglio dire alla libertà e alla patria. Laonde non bisogna credere che quella magnifica protezione dei principi, quelle liberalità, quelle onoranze fossero al tutto disinteressate, e non altro avessero di mira che l'avanzamento della lettere e delle scienze; imperciocchè egli è facile vedere ch'elleno furono suggerite in gran parte da un'astuta politica.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852