Notano eziandio come in quel freddo, ostinato e interminabile studio dell'emendazione critica dei testi e dei commenti agli antichi scrittori intristissero gl'ingegni, i quali non più si videro animati dalla viva fiamma che arse già nei grandi che li precederono. Laonde all'eloquenza dei liberi ingegni sottentrò a breve andare la presuntuosa loquacità de' retori. Sursero allora produzioni non senza pregio quanto alla forma, ma nel fondo frivole e superficiali, indizio certo di debolezza morale. Il campo delle lettere e delle scienze si partì in due: stavano nell'uno i filosofi disprezzatori d'ogni gentilezza ed eleganza, nell'altro letterati venditori di ciance. Dal che doversi conchiudere che le ispirazioni e lo studio dei classici allora solamente tornar possono utili e proficue, quando s'immedesimano con lo studio dei pensieri e degli affetti.
In tanta diversità di pareri e di opinioni, tra queste lodi e questi biasimi, non è agevole il giudicare con sicurezza, e forse non andrebbe senza taccia di presuntuoso chiunque volesse assidersi arbitro tra i sapienti che l'una o l'altra sentenza abbracciarono e con ogni sorta di argomenti propugnarono. Ciò però non ci vieta di fare alcune considerazioni.
La pretesa digressione dei filologi, dei grammatici, degli antiquari e degli eruditi non può negarsi che non fosse in qualche modo utile ed opportuna, imperocchè senza di quella forse il perfezionamento intellettuale e civile non che dell'Italia ma dell'Europa saria stato interrotto.
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