Ma che bisogna tanto lamentarsi della perdita de' virtuosi, conciosiacosachè si possa fare doglienza della commune disfazione di tutta la città? Quanti lumi della repubblica sotto Giulio Cesare furono spenti! quanti cittadini sotto Augusto furono cacciati! quanti ne furono disfatti! quanti ne furono morti! chè meritamente si può dire, quando si pose fine alla uccisione, fu piuttosto una lassa e stanca crudelità che una vera clemenza. Tiberio di poi, uomo maligno, essendo da Augusto adottato e succedendo nello imperio, venne in tanta crudeltà, che nel mezzo de' conviti non si astenne da' supplizj e tormenti de' cittadini. Caligola, successore di Tiberio, pareva che godesse del sangue e della uccisione degli uomini. Claudio di poi, avendo una stoltizia congiunta con la crudelità, non solamente secondo il proprio appetito, ma ancora secondo il desiderio delle mogli e de' liberti, fece uccidere e spegnere la nobilità romana. Dopo costui seguì Nerone: il quale nè al fratello, nè alla moglie, nè alla madre, nè al maestro, e finalmente alla sua città non perdonò. Quanta strage di cittadini, quanta uccisione di senatori fu fatta sotto il dominio suo! Chè veramente fu scritto, che allora Nerone mancò, quando dalla gente abietta cominciò a esser temuto: chè non volle significare altro chi scrisse se non che, consumata la nobilità romana, non vi restava se non minuti e infimi artigiani che potessero temere la sua crudeltà. E' sarebbe cosa lunga a ricercare particolarmente ognuno: ma pareva che fosse un commune proposito quasi di tutti questi imperadori di temere gli uomini eccellenti di virtù; e temendoli averli in odio; e finalmente spegnerli, e usare ogni crudelità infino a tanto che quelli medesimi che erano loro intorno congiuravano a loro distruzione: e potendo lo sdegno più che la paura, se li levavano dinnanzi.
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