Ma di poi rimase d'accordo con lui di passare in Francia al conquisto di quelle parti che erano infestate da' Vandali e dagli Alani: e credette per l'accordo fatto con Onorio avere grande favore dagli amici e sudditi dello imperio romano. Mosso adunque lo esercito con questa speranza e venuto sotto le Alpi, si fermò a una città chiamata Pollenza: dove posandosi senza alcuno sospetto, certi capitani d'Onorio lo assaltarono d'improvviso, e fatto un impeto furioso, stimarono, trovando disordinata quella gente, totalmente metterla in perdizione. Ma la moltitudine de' Goti era sì grande, che benchè ne' primi insulti ne fosse morti assai, e tutti spaventati si riducessero intorno al re e stessero sospesi al combattere rispetto a quel giorno che era il dì della santa Pasqua, nientedimeno, vedendosi in grande pericolo e ingiuriati fuori d'ogni loro opinione, presero l'arme: e cominciarono non solamente a fare resistenza a' nimici, ma ancora a oppressare contro di loro con tanta rabbia, che perdendo i capitani d'Onorio la speranza della vittoria, rimasero rotti, e i Goti vincitori fecero una grande uccisione. E di poi, parendo loro avere ricevuto da' nostri grande ingiuria, lasciarono il cammino di Francia, e volsero le bandiere verso Italia, scorrendo e predando tutti i paesi dove si dirizzavano.
Contro a questo furore de' Goti fu mandato Stilicone: il quale con la sua perizia della guerra raffrenò l'impeto loro, e avrebbe avuto piena vittoria, se non fosse ch'egli era volto, secondo che si dice, all'appetito dello imperio.
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