E pertanto, partiti i Fiorentini dal castello di Figline, passarono coll'esercito per il contado d'Arezzo, e subitamente andarono a trovare il campo de' nimici. La battaglia fu grande, non molto discosto dalla terra di Montalcino. All'ultimo i Sanesi rimasero rotti, e con gran perdita di gente furono costretti abbandonare l'assedio. In questo modo i Fiorentini, avendo scacciati i nimici e liberati gli amici, e in una state in diversi luoghi acquistato diverse vittorie, se ne tornarono a casa con le genti.
Ma di poi, venendo il tempo della primavera, ed essendo loro cresciuto l'animo e la speranza per la prosperità delle cose fatte, ragunarono di nuovo l'esercito e andarono a campo alla città di Pistoja. E fu tanto l'apparato grande, che i Pistolesi deliberarono di accordarsi col popolo fiorentino: e massimamente perchè non si confidavano nelle proprie forze, nè speravano d'essere ajutati dagli amici. Volendo adunque fuggire l'estremo pericolo, e domandando le condizioni dell'accordo, vi fu mandato da Firenze Aldobrandino d'Ottobuono, uomo in quel tempo di grande reputazione, e due dottori con pubblica autorità di fare la pace. I capitoli furono questi: che i Pistolesi e Fiorentini s'intendessero avere insieme per l'avvenire confederazione e buona amicizia; e che gli usciti di Pistoja ritornassero drento, e fossero loro restituiti i beni; e che i prigioni dell'una parte e dell'altra si rendessero; e che i Pistolesi fossero obbligati fare la guerra a tutti i nimici del popolo fiorentino, eccettochè a' Pisani ed a' Sanesi.
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