tua notizia per domandare sussidio e ajuto, ci parrebbe necessario dimostrare quanto fosse utile, allo stato tuo di compiacere alle nostre domande. Ma noi, già molto innanzi obbligati al padre tuo e alla tua generosa stirpe, con gran fidanza veniamo alla presenza della tua maestà, già ab antico uomini fedelissimi, ed ora, quando la condizione delle cose umane vuole, così scacciati e abietti. Ma noi diciamo bene innanzi a ogni altra cosa, che noi siamo contenti, che poco ci giovi il vincolo dell'amicizia, se non vi è dentro la manifestissima utilità dello stato tuo. E non è nessuno che non sappia, che per Italia sono due parti o vogliamo dire due fazioni, l'una inimicissima, l'altra amicissima alla casa della maestà tua: ed è noto a ognuno quali siano al presente le condizioni di queste due parti. Senza dubbio, se noi non ci vogliamo ingannare, dopo la morte del serenissimo Federico, della quale senza lacrime non facciamo menzione, e la ritornata del pontefice in Italia, gli animi de' nimici sono cresciuti senza misura. Perocchè non sono contenti essere ritornati nelle città, ma ancora si sono vôlti a fabbricare cose nuove e fare vendette: e di questo la cacciata nostra ne può essere manifesto esempio. Loro hanno il pontefice romano favorevole, e nel suo ajuto si confidano; a lui tutti i loro consigli e fatti referiscono: e quale sia l'animo suo verso di te, poco tempo innanzi n'hai fatto esperienza, perocchè lui dice la giurisdizione del reame appartenersi alla sedia apostolica.
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