Questa deliberazione era grata alla moltitudine: ma gli uomini eletti ed esperti nell'arme (che in quel tempo n'era gran copia nella città), come cosa pericolosa e disutile la riprendevano. Prima cominciarono variamente a dolersi tra loro di questo temerario partito: di poi, considerando la grandezza del pericolo, parve loro di commune sentenza andare al cospetto del magistrato e apertamente dirne loro parere. Fu commesso il parlare per tutti a messer Tegghiajo d'Aldobrando Adimari, uomo eloquente e in quel tempo reputato assai nella città: il quale con grande compagnia d'uomini nobili poi che fu condotto alla presenza del magistrato, parlò in questa forma: "E' non ci pare di prendere scusa, nè per vergogna o pigrizia tirarci indietro, di fare l'ufficio debito inverso la patria: e benchè non siamo chiamati, nientedimeno, mossi da carità, daremo il consiglio che al presente ci occorre. Perocchè, se le leggi ci comandano, che per la salute commune noi ci mettiamo insino al pericolo della morte, chi è quello che potendo giovare alla sua patria, si debba tirare indietro, per paura di non esser tenuto leggieri? E voi ancora, generosissimi anziani, dovete gratamente ricevere quello che da una sincera libertà v'è portato, e massimamente trattandosi del bene commune e universale di tutti. E non è alcuno tanto prudente, che le cose che gli sono note non sieno molte meno che quelle che gli sono incognite. E per questa cagione accade, che se noi abbiamo a edificare, noi chiamiamo maestri e architetti; se abbiamo a navicare, chiamiamo governatori di navi al consiglio nostro.
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Tegghiajo Aldobrando Adimari
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