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      E non dubitate punto, che per questo timore o e' non andranno a porre l'assedio a' vostri collegati, come e' disegnano, o veramente, se ve lo porranno, presto saranno costretti, come si sentiranno offesi, ritrarre le genti alla difensione loro. E senza dubbio e' non ci è via alcuna che sia più sicura, nè rimedio più certo de' nostri confederati che questo: perocchè, se voi conducerete il vostro esercito in quelli luoghi, molti pericoli e loro che andranno e voi ancora potete correre. E' ci pare essere certi, secondo le congetture e segni che noi veggiamo, che i nemici non potrebbero avere maggiore desiderio che di fare esperienza della battaglia: perocchè la vergogna ricevuta di prossimo e l'appetito del vendicarsi grandemente gli stimola. Veggono ancora, che se non fanno pruova della battaglia innanzi alla partita delle genti tedesche, che nessuna speranza rimane loro della vittoria. E pertanto, come a loro è utile sollecitare la battaglia, così a noi mandarla per la lunga: perocchè nello indugio, loro sono atti a perdere degli amici, e noi de' nemici. E non è da dire, che com'egli è posto in noi l'andare con le genti ne' loro terreni, così sia in nostro arbitrio poterci astenere dalla zuffa, perchè quando ci troveranno in sul territorio loro, ci sarà necessario appiccare il fatto d'arme a loro piacimento. Voi mi potreste dire: Hai tu sì poca fidanza nella virtù de' nostri, e tanta paura delle genti tedesche? Io certamente la virtù de' nostri reputo essere egregia: e ancora i nemici non mi pajono da sprezzare, perocchè avvilire le forze degli avversarj nel pigliare de' partiti, non è altro che ingannare sè medesimo.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852