Ma innanzi che il fatto d'arme cominciasse, pare che, riguardando il re Manfredi le genti de' nimici, vide uno squadrone separato dagli altri, molto egregiamente ornato d'arme e di cavalli. Questo aveva il suo capitano e la sua bandiera, dove era l'arme a lui notissima del sommo pontefice. Quello che teneva questa bandiera si dice che fu messer Corrado da Montemagno cavaliere pistoiese, uomo singolare nella pace e nella guerra. Il condottiero era Guido chiamato Guerra, uomo ancora lui d'animo prestantissimo. Domandando adunque il re Manfredi i suoi: "Di che gente è quello squadrone ch'io veggo?" gli fu risposto: "Di Fiorentini e Toscani, che seguitano la parte guelfa." "Ma, dove sono, disse Manfredi, quelli della parte ghibellina di Toscana, a' quali io ho fatti tanti beneficj?" Fugli risposto, che nessuno ve n'era di quella parte. Il perchè, mosso dalla ingratitudine e negligenza loro, disse a' suoi: "Certamente (mostrando con la mano la gente toscana), questo squadrone non può oggi in questa battaglia se non essere vittorioso: perocchè, se io acquisterò la vittoria, piuttosto voglio costoro per miei congiunti e amici, che gli avversari loro." E dette queste parole, fece con la trombetta dare il segno della battaglia. Dall'una parte e dall'altra si cominciò la zuffa molto aspra e dubbiosa, che non si vedeva più vantaggio dall'una che dall'altra. I Tedeschi per Manfredi, i Francesi e i Toscani per Carlo vigorosamente combattevano: e non solamente la gente d'arme, ma ancora i propri re con le loro persone fecero pruova, e a molti pericoli si misero quello giorno, per acquistare la vittoria.
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