E così partito dalle case de' rettori, fece la via dietro al teatro antico e dietro alla chiesa di santo Pietro Scheraggio; e per la porta detta allora bovina, dove Arno anticamente soleva passare, con tutte le sue genti e molti della nobilità della parte sua uscì di Firenze. E volgendosi da mano sinistra, se n'andò lungo le mura insino alla via di Prato; e senza alcuna dimora, addirizzò sue squadre per quello cammino, e il dì medesimo si condusse a Prato: dove, sicuro d'ogni sospetto, cominciò a conoscere l'errore suo, e a dannare il suo consiglio, perchè aveva abbandonata la città di Firenze senza esserne cacciato, trovandosi sì bene provvisto di gente d'arme. E volendo correggere questo suo errore, il dì di poi con tutte le genti ritornò insino alle mura di Firenze: e per il grande movimento del dì dinanzi, trovò le porte chiuse. I cittadini che erano deputati a fare le guardie, veduto la tornata del conte Novello e della sua compagnia, subitamente lo riferirono al popolo, il quale fu presto in arme, e corse a quella porta dove erano queste genti. Il conte Novello, non potendo nè per forza nè con prieghi ritornare nella città, poi che fu stato alquanto intorno alle mura, ridusse le genti a Prato. Dopo la partita del conte Novello, il popolo, preso il governo della repubblica, deliberò riducere la città al vivere antico e popolare. E pertanto fu ordinato dodici cittadini che tenessero il luogo degli anziani antichi, e gli opportuni consigli che avessero a deliberare tutte le cose d'importanza.
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