E pertanto, nč il terrore di Corradino, nč la rotta e la distruzione delle genti regali, mossero le cittą di Toscana a partirsi dalla fede e amicizia del re, e infra gli altri gli Aretini, negli occhi de' quali era stata fatta la occisione e distruzione di quelle genti, costantissimamente perseverarono nella divozione sua. In questo mezzo tempo, le ventiquattro galee dette di sopra, avendo predato intorno a Gaeta e tutte quelle circostanze marittime, e avendo in molti luoghi, dove commodamente lo poterono fare, rimessi gli usciti, e indotti molti a rebellarsi, finalmente passarono in Sicilia. Corradino, poi che alcuni dģ fu soprastato a Siena, si mosse coll'esercito, e passņ per il contado di Roselle e di Viterbo e di Sutri, e quasi innanzi al cospetto del sommo pontefice (che in quel tempo era a Viterbo), si condusse a Roma. Il papa aveva mandato innanzi a significargli sotto gravissime censure e scomuniche, che non facesse impresa d'offendere il reame di Sicilia, il quale s'apparteneva alla sedia romana, nč ancora il re Carlo, che dalla medesima sedia era stato appellato re; e che gli doveva parere assai quello che i pontefici romani, per la loro benignitą, da' suoi passati avevano sofferto. Finalmente, sprezzando lui tali comandamenti, aveva fatto il papa pubblicare le scomuniche: le quali Corradino non stimando, innanzi si puņ dire agli occhi del sommo pontefice aveva condotto l'esercito, e fatto tutte le cose che s'usano fare ostilmente fra nemici. Appressandosi a Roma Corradino, il popolo romano armato gli si fece incontro, e con somma letizia di tutti gli ordini, con la pompa consueta agl'imperadori lo condussero in Campidoglio.
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