I condottieri di Corradino ordinando la battaglia, posero nella fronte Genovesi, Toscani e Ispagnoli; e intorno alle bandiere posero le genti tedesche. Appiccandosi il fatto d'arme, i Toscani, Ispagnoli e Genovesi con grande ardire assaltando le squadre del re, fecero tanta occisione, che l'impeto loro non si potč lungo tempo sostenere: ma ributtate le prime squadre, e col medesimo impeto entrati pių addentro nella battaglia, ed essendo quello condottiero che pareva il re gittato in terra, le grida e il romore andarono per tutto il campo, che il re Carlo era suto preso. Allora le genti tedesche, che erano state poste in sussidio delle bandiere, per trovarsi ancora loro presenti alla vittoria, si mescolarono nella zuffa. In questo modo rotte le genti del re Carlo, o fuggendo per tutto, erano sparse per la campagna: e similmente i vincitori, scacciandoli e seguitandoli, si vennero a disordinare in modo, che pių non v'era schiera insieme, nč alcuno sussidio, nč retroguardia. Ognuno de' vincitori intento alla preda, come nelle mani certissimamente avessero la vittoria, in vari luoghi andavano vagando. Una grande parte di loro perseguitava le genti rotte, e dal luogo della battaglia s'era dilungata. Essendo le cose in questi termini, il re Carlo subitamente, con quella gente eletta che di sopra facemmo menzione, discese nella campagna, e con le squadre ordinate e strette insieme assaltō le genti disordinate di Corradino. Molti ne prese in sulla prima giunta, molti ne mise in fuga: e finalmente condotto alle bandiere de' nimici, in uno momento l'ebbe dissipate e prese.
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