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      Corradino attonito, come fosse cosa miracolosa, e di vincitore fuori d'ogni sua opinione vedendosi superato e vinto, con pochi compagni se ne fuggì. Il re Carlo, non lasciando seguitare i suoi, ma tenendoli insieme bene ordinati, il resto de' nimici, nel tornare che facevano dalla persecuzione de' suoi, trovandoli stracchi e disordinati, a parte a parte li pigliava: e in questa maniera oppressati i nimici, finalmente acquistò pienissima vittoria. Corradino, dì e notte continuato il fuggire, si condusse a Roma: e subitamente fu ricevuto da Guido da Montefeltro, il quale, quando passò nel Reame, aveva lasciato alla guardia di Roma. Il popolo romano similmente lo ricettò volentieri, non avendo ancora la novella della rotta ricevuta. Ma poco di poi, sopravvenendo i cittadini romani della parte guelfa, che da Arrigo erano stati cacciati e eransi trovati nella zuffa col re Carlo, avendo per guida gli Orsini e Savelli, furono cagione che subitamente tutta la città si mise in arme. Per la qual cosa sbigottito Corradino, uscì di Roma sconosciuto, e di subito se n'andò a una terra anticamente chiamata Astura, con proposito di partirsi di quindi e andarsene per mare a Pisa. Ma innanzi che partisse, intorno a' luoghi circostanti fu preso e dato nelle mani del re, e non molto di poi condotto a Napoli; e per sentenza delle città del Reame (i sindachi delle quali il re Carlo di tutto il Reame aveva convocati a dare giudizio di lui) fu giudicato e morto in sul primo fiore della sua età. Ancora fu morto insieme con lui il duca d'Austria che era quasi di quella medesima età, e Gherardo pisano che era stato condottiero de' Toscani in questa zuffa.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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