E pertanto, se solamente si domanda, che come per voi abbiamo presa la guerra, così pigliamo la pace, siamo parati a farlo: ma se e' si dice, che egli abbiano ancora a essere ricevuti nella città, troppo ci pare che tu abbi posto da parte la cura della salute nostra. Perocchè e' non è una medesima importanza, che la santità tua gli abbia ricevuti a grazia, e noi nella città. Loro ricevuti nella grazia tua, che offensione ti possono fare? e a noi quale non possono fare, conversando fra le medesime mura? E che bisogna tanto disputare o della ragione o de' meriti nostri, conciosiacosachè tu ci conforti a riconoscere gli errori nostri, e voglia che noi facciamo l'opposito di quello che abbiamo fatto insino a ora? Oh incredibile mutazione di tempi! oh speranza fallace e stolta! Quando Innocenzo, Urbano, Clemente, pontefici romani e tuoi predecessori, con lettere ed esortazioni ci confortavano alla persecuzione degli avversari; quando e' donavano le insegne che noi avessimo a seguire armati; quando l'opere nostre non solamente gloriose al mondo, ma ancora accette a Dio essere dicevano, sarebbe stato alcuno che avesse creduto, che venisse ancora tempo, che il pontefice romano per questi fatti ci avesse a dire, che noi emendassimo gli errori passati e facessimo l'opposito di quello che noi abbiamo fatto insino a ora? Noi non possiamo dire, che non sia la medesima sedia, perocchè ella è una e perpetua: ma noi diciamo bene, che da essa siamo stati condotti a quello, di che al presente ci danna e ci riprende.
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Innocenzo Urbano Clemente Dio
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