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      Confortando adunque i cittadini, e interponendo in pubblico e in privato l'autorità pontificale, finalmente ottenne, che la pace si facesse colla tornata degli usciti. E perchè la concordia avesse maggiore stabilità, fece chiamare il popolo, e d'uno luogo eminente molto copiosamente narrò i commodi e i beni che seguivano della pace, suadendo e confortando, che quella si dovesse conservare. Di poi, notificati i capitoli della pace, comandò che i sindachi degli usciti si levassero ritti, e pubblicamente fece abbracciare i cittadini con loro: e per levare via ogni sospizione e per stabilità della pace, fece dare dall'una parte all'altra molti mallevadori. Appresso ordinò di nuovo la riforma della città, creando uno magistrato di quattordici uomini dell'una parte e dell'altra, i quali per uno certo tempo fossero al governo della repubblica. Acconcie le contese pubbliche, mise mano in comporre le private discordie delle famiglie: e pacificate quelle insieme, prese modo di fare molti parentadi, massimamente in que' luoghi dove erano privati odii per uccisioni e ferite e altri malefici commessi. Le scritture ancora delle condannagioni che erano incamerate contro agli usciti, non solamente fece cassare, ma ancora spegnere insieme co' libri, acciocchè di simili cose non restasse memoria alcuna. Ancora provvide, che i beni degli usciti che pel commune o da private persone si tenevano, fossero a' primi possessori restituiti. In questo tempo grande moltitudine della parte ghibellina tornò in Firenze, eccettochè alcuni principali, a' quali, perchè l'accordo avesse effetto, fu differito il termine del tornare.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





Firenze