Questo romore da Palermo si divulgò per l'altre terre di Sicilia, e commosse i popoli a pigliare l'arme, a morte e distruzione de' Francesi. Furono adunque in questa maniera tagliati a pezzi per tutta l'isola: e spento col proprio sangue il loro furore, non solamente le ricchezze male acquistate, ma ancora i corpi lasciarono a' Siciliani.
Il re Carlo era in quel tempo in Toscana: il quale, udita la rebellione di Sicilia, con grandissima celerità tornò nel Regno, e d'ogni luogo ragunò le genti. Domandò ancora aiuto da' Fiorentini e da altre città amiche, e fece capo a Reggio di Calabria a mettere in punto tutto il suo esercito, donde commodamente potesse per lo intervallo brieve passare in Sicilia. Ma il passaggio era difficile, perchè i navilii del re si trovavano quasi tutti seminati per le terre e porti di Sicilia, e dagli uomini che di prossimo s'erano ribellati non li poteva recuperare. Fu necessitato adunque ragunare navi e galee di tutte le marine d'Italia: le quali messe che ebbe insieme, quanto più presto gli fu possibile, passò in Sicilia, e pose campo a Messina, che era terra più propinqua che vi fosse. Lo sforzo del re all'offesa di questa città fu grande, e la resistenza di quelli di dentro non fu minore: perocchè egli conosceva quello che era il vero che l'altre terre dell'isola avevano a riguardare l'assedio di Messina, e secondo che succedevano le cose in quella impresa, temere o non temere la maestà sua. Dall'altra parte i Mamertini, cioè Messinesi, temevano l'ira del vincitore, e innanzi agli occhi loro si rappresentava l'arroganza e crudelità de' Francesi di prossimo sostenuta: e per fuggire simili cose, erano disposti mettere la propria vita.
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