Finalmente, crescendo il pericolo di quelli di drento, e con grande fatica facendo resistenza, accadde che una notte, levandosi un grande vento, deliberarono uscire fuori: e così fatto, subitamente assaltarono le bastie, e appiccarono il fuoco in tal maniera, che tutte l'arsero e guastarono. Donde ne seguì, che i Fiorentini, perduta la speranza per allora di potere ottenere la impresa, fornirono le castella ch'egli avevano occupate nel contado d'Arezzo, e predarono tutto il paese vicino alla terra, e di poi ridussero le genti a Firenze.
Appressandosi il campo nella sua tornata, tutto il popolo di Firenze gli uscì fuori incontro, e non lasciò alcuna specie d'onore, che non facesse a' capitani e al resto delle genti. Entrarono drento in similitudine d'una trionfale pompa, mandandosi innanzi lo scudo e l'elmetto del vescovo Guglielmino, il quale fecero appiccare nel tempio che anticamente si diceva di Marte, come se fossero spoglie opime: le quali ancora oggi si veggono sospese. Questa vittoria nelle pubbliche scritture è chiamata vittoria ottenuta nel piano di Campaldino contro a' ghibellini. E fu scritto in questa maniera, perchè gli usciti d'Arezzo confederati co' Fiorentini trovandosi con loro in quella guerra, parve più onesto scrivere i ghibellini essere stati vinti che gli Aretini, acciocchè quella parte degli Aretini loro amici e guelfi non fosse notata.
Non molto di poi alla tornata di queste genti, domandando i Lucchesi e gli usciti di Pisa aiuto al popolo fiorentino, fu mandato loro quattrocento cavalli e duemila fanti.
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