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      Considerate adunque la condizione nella quale al presente vi trovate, e discorrete in voi medesimi i modi della nobilità: o ognuno di voi mi dica, se la città gli pare libera, o più tempo fa sottomessa. Questa risposta, più facilmente potrà fare chi ha per vicino o nella città o nel contado alcuni di questi uomini potenti. Perocchè, cosa abbiamo noi, che loro non abbiano desiderato? e che hanno eglino desiderato, che subito non mettano a esecuzione, o veramente che per via lecita o illecita non reputino dovere ottenere? I corpi nostri, se noi vogliamo confessare il vero, non sono più liberi. Voi vi ricordate in questi anni prossimi essere stati battuti cittadini, cacciati delle possessioni, arsioni, rapine, ferite, uccisioni di molti essere state fatte da questi potenti. Gli autori di questi maleficj sono sì noti e manifesti, che parte non se ne curano, parte non lo possono negare, e continuamente stanno in sugli occhi vostri: e quelli che sarebbero degni della carcere e de' supplicj, noi gli veggiamo andare per la città con moltitudine d'armati, ed essere temuti insino dal magistrato. Questa adunque sarà alcuno, che chiami libertà? E quali altri modi sono quegli che usano i tiranni se non uccidere, cacciare, tôrre quello che pare a loro, sanza alcuna paura d'essere puniti? E se uno in altre terre toglie la libertà, che dobbiamo noi stimare della nostra, essendocene molti? Noi certamente più tempo fa siamo sottomessi, e con uno vano titolo di libertà sostegnamo in fatto una ignominiosa servitù. Ma e' mi potrebbe essere detto: Noi conosciamo quello che tu dì, e domandianti il rimedio, e non le querimonie e i lamenti di queste cose.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852