La nobilità in contrario era accesa d'odio inverso di lui: e parevagli che fosse venuto il tempo della vendetta, non solamente perchè era potente a valersi per sè medesima, ma ancora perchè aveva aggiunto a questo proposito molti popolani e l'autorità de' priori. E certamente la zuffa sarebbe stata grande, se fossero venuti alle mani. Ma Giano della Bella non permesse, che a sua stanza e alle sua cagione avesse a nascere la discordia civile. "Cediamo, disse, piuttosto alle calunnie de' nimici, e diamo luogo alla invidia: perocchè io non voglio sia alcuno, il quale possa dire, che essendo io stato autore e stabilitore de' giudicii, al presente contro a' giudicii faccia violenza; e non sarà alcun cittadino, che per mio esempio pigli l'arme contro alla pubblica autorità. La mia innocenza e i beneficii che ho conferiti al popolo, mi confortano a sperare bene della mia tornata." E dette queste parole, e abbracciati gl'intimi sua amici, si partì della città: e poi che fu assente, fu sbandito lui e Taldo suo fratello e Rinieri suo nipote, e fu guaste loro le case e le possessioni. Per la cacciata di costui quanto il popolo diviso in se medesimo diventò debole, tanto crebbe la speranza alla nobilità: la qual cosa non molto di poi apertamente si dimostrò.
Era già il terzo anno, poi che il governo era ridotto nell'arbitrio del popolo. La nobilità adunque, sopportando gravemente le leggi fatte, e vedendo per esperienza, che ogni giorno si diminuiva la potenza e autorità loro, e che erano oppressati da quelli da' quali poco innanzi erano riveriti, finalmente cominciarono a provvedere a' fatti loro.
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Giano Bella Taldo Rinieri
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