Mettendo adunque in pratica di richiamare il prefato Giano della Bella, gli avversari rifuggirono a papa Bonifazio: il quale per lettere comandō al magistrato e al popolo, che non rivocassero nella cittā nč agli onori Giano della Bella, nč Taldo suo fratello o Rinieri suo nepote; e chi contraffacesse a questo, i fautori e tutta la cittā cadesse in gravissime censure: e la cagione si conteneva nelle lettere, perchč egli era stato seminatore di scandalo fra cittadini. Per questa proibizione la pratica di rivocare Giano della Bella non andō pių innanzi. E cosė questo cittadino, il quale aveva stabilito l'autoritā del popolo contro a' grandi, abbandonato da lui, morė in esilio.
Circa a questo medesimo tempo fu rinnovata la lega fra le cittā consuete, e fatta confederazione di nuovo co' Perugini: nella quale s'obbligarono nei casi occorrenti mandare aiuto l'uno all'altro.
Dopo a queste cose il popolo si volse a ornare la cittā e il contado di fuori. E prima edificarono fra Arezzo e Firenze due castella per ornamento del paese e per rifugio a tempo di guerra: e l'uno posero dalla sinistra parte del fiume in sulla riva, e chiamaronlo San Giovanni dal padrone della cittā; l'altro dalla destra, il quale chiamarono Castellofranco. Drento nella cittā, perchč l'abitazione de' priori non pareva casa pubblica nč degna del popolo fiorentino, nč pareva a' priori esservi sicuri per la potenza della nobilitā, ordinarono un edificio pubblico rilevato e di singulare magnificenza. Il luogo fu eletto di qua d'Arno molto eminente fra San Piero Scheraggio e il teatro vecchio: e per questa cagione comperarono le case de' cittadini privati, e, disfattole insino a' fondamenti, fondarono il palazzo.
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