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      E pertanto chiamando che gli fosse portato dei sermenti e della stipa, disse: "Io caccerò costoro insieme colle loro case." E subitamente gettò il fuoco che gli fu recato alle case de' suoi consorti, che erano vicine alla loggia dove si vendeva il grano. Di poi, discorrendo più oltre, mise fuoco nelle case de' Caponsacchi a capo di mercato vecchio. Questo fuoco, parte che costoro combattevano, crescendo continuamente e pigliando maggiori forze per il vento della tramontana, s'apprese per tutte quelle case, e di poi alle botteghe dove erano cose di grande valuta: le quali, parte si perdevano per l'arsione del fuoco, parte da' circostanti erano messe a sacco. E in uno medesimo tempo la terra ardeva ed era combattuta per le vie, non altrimenti che se nimici fossero entrati drento. E per questa cagione non potendo il popolo rimediare al fuoco, venne a ardere ogni cosa intorno alla loggia dove si vendeva il grano, e fra l'uno mercato e l'altro. Di poi, ripigliando il fuoco vigore, si condusse insino a Arno: e non prima restò l'incendio, che arse più di mille e settecento case. E fu opinione nel vulgo, che questo fosse fuoco artificiato. E tale opinione pare alquanto probabile, vedendo ancora le reliquie delle mura e delle pietre abbruciate, che pare cosa mirabile a considerarlo. Pel danno di questo grande incendio, quella parte che era favorevole a' Cerchi venne a essere abbattuta: nel numero de' quali furono i Cavalcanti e i Gherardini e i Pulci e più altri vicini, i quali davano grande favore a' Cerchi.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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