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      E volendo di poi mettere a effetto la sentenza, fu chiamata la moltitudine del popolo, secondo l'ordine della giustizia: la quale ragunata alla presenza del magistrato, si mosse dal palagio del podestà col gonfalone della giustizia innanzi e colle compagnie ordinate sotto i gonfaloni, e andò assaltare le case di messer Corso. Lui niente spaventato, con poca gente sosteneva tutto l'impeto del popolo, e aveva afforzato l'entrate donde poteva essere offeso, non solamente con gente armata, ma ancora con sbarre e altri ostacoli, per sostenere la furia della moltitudine. Poi che il magistrato fu condotto alle case sua, si combattè parecchie ore molto aspramente. All'ultimo, crescendo la moltitudine del popolo, ruppero le mura delle case e degli orti vicini, e di varj luoghi passarono le sbarre, in tal maniera che chi v'era alle difese se ne fuggirono. Messer Corso con pochi si partì: e uscito della terra, per la via del Casentino se ne fuggiva. Ma subito gli fu mandato drieto una squadra di gente a cavallo con grande celerità: la quale lo giunse non molto lontano dalla terra, e combattendo, lo fecero fermare. E fu tanta la moltitudine de' nimici, che vi rimase morto. Furono alcuni morti con lui, e tutta la sua setta dissipata. Questo fine ebbe messer Corso Donati, uomo sanza dubbio egregio, ma più inquieto che non si conveniva a una buona repubblica. Il dire di volersi fare lui tiranno, pare che fosse sospetto, o piuttosto calunnia che altro. E questo si può comprendere, perchè il nome suo non fu notato come di nimico appresso il collegio della parte guelfa: la qual cosa s'era consueta fare in simili sbanditi e condannati.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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