Il re, il quale non era innanzi male disposto, udito il parlare di questi ambasciadori, si volse alla pace. Le condizioni furono queste: che tutti i prigioni de' Fiorentini e collegati fossero lasciati; e che la medesima esenzione che si conteneva nella pace di prima fosse conservata da' Pisani al popolo fiorentino. I Lucchesi ebbero ancora la pace con queste medesime condizioni, eccetto che fu aggiunto nell'accordo, che tutte le castella de' Lucchesi, che tenevano gli usciti, rimanessero nelle mani di coloro che le tenevano. Questa pace fu quasi da tutti biasimata e reputato il re pusillanime, per averla conceduta loro contro alla sua degnità: e massimamente fu molesta a' Fiorentini, che desideravano vendicarsi della rotta di Montecatino. Ma perchè non paresse che volessero diminuire l'autorità regale, pure in fine, benchè malevolentieri, la ratificarono.
In questo medesimo anno fu deliberato, che le genti d'arme a cavallo, quando andassero alla guerra, portassero queste arme: la celata e l'elmetto, la corazza e bracciali, la falda, gli schinieri, tutti di ferro. E fecero questo provvedimento, perchè s'era veduto per esperienza nella prossima battaglia, che l'armadura leggieri aveva nociuto a molti.
Circa questo tempo il re Ruberto, che per varie querimonie aveva perduto di grazia nella città di Firenze, la racquistò per opera massimamente d'uno suo luogotenente: perocchè, dopo lo sdegno nato poco tempo innanzi, il re aveva diputato per suo vicario nella città di Firenze il conte Guido, il quale, perchè egli era vicino e quasi cittadino, e conosceva non solamente la infermità de' cittadini, ma ancora l'origine e le cagioni del loro male, volse tutto il suo pensiero a pacificare la terra.
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