Andò adunque il prefato vescovo al conquisto di quelle castella, e poi che ebbe preso molte fortezze delle loro, che erano in luoghi asprissimi, cioè nei confini del contado d'Arezzo presso al giogo dell'Appennino, ridusse l'esercito indrieto, e pose campo alla Rondine. Questo castello era già molto innanzi fedelissimo de' Fiorentini; e pertanto quegli uomini nel principio dell'assedio subitamente mandarono a Firenze a domandare aiuto. I prieghi de' quali, perchè erano fedelissimi uomini, movevano tutti i cittadini, ma la città, trovandosi occupata nella guerra di Castruccio, per non s'allettare altre contese addosso di verso Arezzo, non ardiva mandare aiuto, nè ancora per vergogna lo sapeva negare. Onde, stando così quegli uomini fra la speranza e il timore, sopportarono l'assedio alquanti mesi. Finalmente, quando e' videro essere ogni dì più stretti, e che non era dato loro alcuno aiuto, restituirono il castello agli Aretini.
In quello medesimo anno Castruccio, fuori del pensiero d'ognuno, venne coll'esercito in quello di Prato: e fu tanto lo spavento per la sua venuta repentina e delle genti del contado che gli fuggivano innanzi, che insino della terra di Prato si temeva. E per questa cagione i Fiorentini, chiuse le botteghe per tutta la città e i luoghi di giudicio, popolarmente uscirono contro a Castruccio in tal modo, che fra poche ore furono in arme più di ventimila fanti e circa dumila cavalli terrazzani. Tutta questa moltitudine si condusse a Prato, e posero il campo a riscontro de' nimici.
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