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      Questo e con lettere e con suggelli de' vostri capitani e con mille testimoni lo possiamo provare. E quale cittadino fu nello esercito che avesse alcuna cura della patria, che non ci vedesse stare nella fronte del campo contro a' nimici, e che non ci vedesse desiderosi di combattere e vôlti tutti al conquisto della vittoria? perocchè, se ben fosse stato bisogno di morire per tanto beneficio ricevuto da voi, a fatica ci sarebbe paruto satisfare a' meriti vostri verso di noi. E certamente noi eravamo apparecchiati mettere volentieri la vita per la vittoria della patria, se il nimico non avesse voluto piuttosto fuggire che fare esperienza della virtù dell'arme. Ma dopo la vile e vituperosa fuga de' nimici e manifesta confessione di paura, seguendo le bandiere pubbliche, andammo drieto a' vostri capitani, e in nessuno luogo ci partimmo. Ma se loro non andarono in quelli luoghi dove era il desiderio vostro, chi si può dolere di noi? Il nostro ufficio non era di comandare a' capitani, ma d'ubbidire e seguire i loro comandamenti. E certamente, se noi avessimo potuto adempiere il desiderio nostro, ancora oggi saremmo in sui terreni de' nimici. Pertanto, essendo la promessa fatta dalla città e l'aggiunta che era in quella adempiuta da noi, ora quanto s'appartenga alla vostra fede e gravità, voi lo dovete considerare: perocchè, noi in questa parte temiamo di parlare, essendo cosa ingiuriosa pure solamente dubitare della fede della repubblica."
     
      Poi che gli ambasciadori degli usciti ebbero parlato, furono mandati fuori di consiglio, e i cittadini cominciarono a consultare di questa cosa.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852