A Castruccio fu fatto ancora a Roma singolare onore, non solamente da Lodovico, il quale avevalo in grandissimo pregio, ma eziandio dal popolo romano. Dopo il principe, lui solo era guardato; a lui si riferivano tutti i consigli; finalmente egli era quello da chi tutto il pondo di questa cosa pareva che dipendesse. Grande numero di gente di tutta Italia concorreva a Roma: perocchè tutti i nimici del papa e partigiani della parte con grande letizia d'ogni luogo v'abbondavano, e apertamente dicevano, che il re Ruberto e il suo Reame come capo della parte si voleva manomettere e occupare. E già pareva che vi fosse forze abbastanza, e per cagione di questa impresa si facevano gli apparati manifesti. Essendo adunque gli animi dei popoli vôlti alla espugnazione di questo principe, e celebrando con grande parlare la sua fama, accadde in Toscana una cosa memorabile, che rivolse la mente d'ognuno inverso di quella novità: perocchè Filippo, il quale era rimasto capitano delle genti de' Fiorentini, fece una grande e ardita impresa, cioè di pigliare Pistoja, prestando orecchi a' conforti di due usciti, i quali avendo notizia di quegli luoghi, promisero mettergli dentro le genti. E pertanto, ordinate scale e altre artiglierie segretamente nella cittadella di Prato, quando parve il tempo di conducere la cosa, Filippo nel principio della notte uscito di Firenze colle genti d'arme a cavallo, n'andò a Prato. E nessuno cittadino fiorentino n'aveva notizia, eccetto messer Simone della Tosa generoso cavaliere e di somma nobilità, il quale molto innanzi aveva chiamato in compagnia e al consiglio di questo partito.
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