Appresso, giunto che fu a Prato e prestamente messi a ordine gli artificj, si partì con secento cavalli e dumila fanti e la notte medesima giunse alle mura di Pistoja. Quivi gli usciti per il mezzo del ghiaccio, che era nel colmo del verno, passati i fossi, montarono colle scale in sulle mura da una parte che era abbandonata, e condussero con loro circa cento soldati che li seguirono: appresso, molti altri, passati i fossi quietamente, incominciarono a rompere le mura. In questo mezzo il connestabile della guardie, andando intorno alla terra, giunse in questi luoghi, e volendo destare le guardie secondo la consuetudine, sentì lo strepito e cominciò a correre e a levare il romore. A quelle grida si destarono coloro che erano più vicini, e subitamente si dilatò il tumulto per tutta la terra. Filippo aveva già gettato un ponte sopra i fossi, e fatto passare grande numero de' suoi, e le mura erano rotte in due luoghi in tal modo, che non solamente le fanterie, ma ancora le genti d'arme a cavallo vi potevano passare, e la persona sua era già entrata dentro, e con grande istanza seguiva l'impresa. Ancora quegli che erano entrati in sulle mura avevano presa una torre vicina, e oppressate le guardie, avevano gittato il fuoco nella porta di sotto, acciocchè più facile avesse l'entrata il resto delle genti. Erano alla guardia di Pistoja circa settecento soldati di Castruccio, i quali per il timore, intesa la entrata de' nimici, si ristrinsero dapprima insieme, dubitando della volontà e del trattato de' cittadini, ma poi che videro i terrazzani animosamente pigliare l'arme contro quegli che erano entrati dentro, presero grande conforto, e lasciarono una parte di loro in piazza, il resto corsero colla moltitudine de' cittadini a ributtare i nimici.
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