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      Era dentro alla terra messere Simone della Tosa cavaliere fiorentino che v'era stato lasciato da Filippo con trecento cavalli e circa mille fanti: aveva ancora i cittadini pistolesi della medesima parte. Con queste genti adunque egregiamente difendeva la città e spesse volte usciva fuori, e non dubitava di turbare l'opere e apparati de' nimici. Appresso, un'altra compagnia di gente a cavallo era posta a Prato, e spesse volte assaltavano Castruccio in modo che non avevano riposo da alcuna delle parti. Ma tutta la sua speranza era nel mancamento della vittuvaglia di quelli di dentro, perchè aveva notizia che non avevano da vivere se non per due mesi. E pertanto, posto da parte ogni pensiero di vincerla per forza, solamente attendeva a questo di circuire la terra e tôrre loro ogni via e ogni facoltà d'avere vittuvaglia. I Fiorentini, benchè dapprima a ragione e con loro danno fossero indegnati, nientedimeno, poi che videro Castruccio con tanto sforzo avere assediato Pistoja, presero tardi il migliore consiglio, non perdonando nè a spese nè a danari: e avendo prima nella disputa della piccola spesa fatto resistenza, le grandi volontariamente soffersero, come è natura communemente de' popoli. Ragunato adunque sollecitamente uno esercito di tremila cavalli e di più di ventimila fanti, ordinarono frumento e vittuvaglia con grande fatica e con grande spesa per metterla in Pistoja per forza d'arme. Filippo, avendo messo in punto ogni cosa e tutte le genti ragunate a Prato, mosse la bandiera e andò a trovare il nimico: e posto che si fu presso al campo suo, lo richiese di battaglia.


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Istoria fiorentina
di Leonardo Bruni
Le Monnier Firenze
1861 pagine 852

   





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