Quanto s'accrescerà la maestà e la gloria del popolo fiorentino, se una città, che soleva essere quasi pari a voi di forze e di potenza, vi sarà sottomessa? Io certamente, come uso la vita commune e conversazione degli uomini, così confesso che quelle cose mi muovono che appresso degli uomini sono reputate utili e buone; cioè estendere i confini, accrescere lo imperio, esaltare la gloria e lo splendore della città, e acquistare sicurtà e utilità. Le quali cose se noi diciamo che non si debbino desiderare, è necessario abbandonare la cura della repubblica e la pietà della patria, e quasi tutta la vita pervertire. E se coloro che sconfortano il pigliare Lucca sprezzano queste cose e niente le stimano, certamente eglino introducono nuovo modo di vivere: ma se reputano quelle utili e buone, è necessario che eglino stimino ancora la avuta di questa terra, donde tanti beni e tanti commodi insieme ne risultano. Certamente a me pare, che per divina grazia ci sia data questa occasione, che senza pericolo e senza ferite noi sottomettiamo quella città, donde prima Uguccione da Faggiuola, poi Castruccio non senza nostri grandissimi danni ci hanno fatto la guerra. Ma se egli accade che noi ci lasciamo fuggire questa opportunità, e di poi qualcuno degli avversarj nostri pigli Lucca, chi sarà quello che meritamente non ci riprenda, non ci accusi, non dica che noi portiamo le pene della nostra pigrizia, che noi siamo stati sì negligenti a prenderla, potendola facilmente avere? Tutti i danni e tutti gl'incommodi, prestantissimi cittadini, sono gravi, ma quegli massimamente che vengono per nostra colpa: perocchè, incorrere per sua pigrizia in uno male, oltre al danno, è ancora cosa ignominiosa e molesta a quello medesimo che n'è cagione.
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