E pareva, che la città volesse significare più oltre che quello che si dimostrava colle parole: perocchè il re Giovanni, riconciliato col papa per la mezzanità del re di Francia, col quale aveva stretto parentado, si credeva che non facesse questa impresa d'Italia senza consentimento della santità sua.
In questo tempo Carlo figliuolo del re Giovanni venne a Lucca; e ebbero sospetto, che non avesse passato lo Appennino sotto speranza di qualche grande cosa. Ma lui, poi che fu stato a Lucca pochi giorni, intesa la ritornata del padre, passò in Lombardia, e a Parma s'accozzò con lui. Era venuto col re Giovanni non molto grande numero di gente a cavallo, ma quegli tanti erano attissimi alla guerra, e uomini molto nobili e alcuni principi, che s'erano mossi di Francia e della Magna per passare con lui in Italia. In quello mezzo tempo alcune di quelle città che innanzi alla sua partita gli erano obbedienti, cioè Brescia e Bergamo, s'erano rivolte all'amicizia di Mastino; e Azzo Visconti gli aveva tolto Pavia, benchè la fortezza ancora si tenesse da' suoi. E pertanto il re Giovanni si condusse a Pavia, e fece pruova se potesse dare soccorso agli assediati: ma Azzo con fosse e con bastíe gli aveva circondati in modo, che il re non poteva fare alcuno profitto. Il perchè, predando ostilmente il contado di Milano, ridusse le genti a Parma.
Noi dicemmo poco innanzi, come il legato aveva il campo a Argento, e appresso v'erano le genti de' Ferraresi: il perchè non passò molto, che venendo alle mani, i Ferraresi furono rotti, e uno di quegli signori chiamato Niccolò rimase preso nella zuffa.
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